Società


08 febbraio 2018

L'ANAC con l'Atto di segnalazione n. 4 del 29 novembre 2017 ha sollecitato il Governo ad adottare un atto normativo regolamentare a carattere ricognitivo delle società ''in house'' delle amministrazioni dello stato, al fine coordinare le norme del D.lgs n. 175/2016 (il T.U. in materia di società a partecipazione pubblica) e le norme del Codice dei Contratti pubblici in tema di ''in-house''.
In particolare, tale atto dovrà regolamentare le attività svolte dagli organismi ''in house'', nonchè i ministeri, competenti per materia, che esercitano su di esse un controllo analogo, in forma congiunta con il MEF.
La questione origina dal confronto della normativa in materia di ''in-house'' prevista dal Codice (che, agli articoli 5 e 192, ha codificato i principi giurisprudenziali UE consolidatesi sul punto) e l'art. 9 del cennato T.U., che contiene previsioni di carattere generale in tema di gestione di partecipazioni pubbliche.
Come noto, ai sensi dell'articolo 5 del Codice dei contratti, il controllo analogo rappresenta uno dei requisiti necessari per la legittimità di un affidamento diretto a società controllate (cd. In house verticale), in deroga a quanto previsto dal Codice dei contratti.
Oltre ad essere soggetta ad un controllo analogo, l'ente controllato deve altresì svolgere oltre l'80% della propria attività nell'assolvimento di compiti ad essa affidati dall'amministrazione controllante; infine nel ente controllato non deve essere presente capitale private, ad eccezione di forme di partecipazione minoritarie.
Lo stesso articolo 5 precisa, al successivo comma 2, che il requisito del controllo analogo si ritiene altresì soddisfatto laddove comporti l'esercizio di un influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative del soggetto controllato.
Tale nozione di controllo analogo, tuttavia, deve coordinarsi con il citato articolo 9 del TU, a norma del quale, per le partecipazioni pubbliche statali, i diritti del socio sono «esercitati dal Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con altri Ministeri competenti per materia, individuati dalle relative disposizioni di legge o di regolamento ministeriale».
Secondo l'ANAC, il combinato disposto dell'articolo 5 del D.lgs. n.50 /2016 e l'articolo 9 del suddetto TU potrebbe essere interpretato nel senso di impedire gli affidamenti in house da parte di amministrazioni statali diverse dal MEF.
Ciò in quanto il controllo analogo connesso all'esercizio dei diritti del socio verrebbe esercitato - ex lege - dal MEF e non dall'amministrazione statale competente per materia e che si avvale della società ''in-house'' nello svolgimento della propria attività.
Volendo fa
re un esempio, seguendo rigidamente una siffatta interpretazione, il MIT non potrebbe avvalersi di società ''in-house'' per i propri affidamenti in quanto, in tal caso, il controllo analogo connesso all'esercizio dei diritti del socio verrebbe esercitato non dal MIT stesso (soggetto controllante) bensì dal MEF.
Tale conclusione tuttavia, ad avviso dell'ANAC, appare irragionevole e non in linea con il concetto di ''in-house'' come introdotto dalle direttive europee, tenuto altresì conto che l'impianto generale del d.lgs. n. 175/2016, valorizza la natura strumentale dell'organismo ''in-house'' rispetto all'amministrazione affidante il contratto.
Secondo l'Avcp il concetto di strumentalità è del resto consolidato anche dall'art. 192, comma 2 del Codice, che, imponendo alla stazione appaltante la valutazione della congruità dell'offerta dei soggetti ''in-house'', implica un asservimento funzionale degli stessi agli scopi nonchè alle finalità dell'amministrazione controllante.
La questione, dunque, secondo ANAC dovrebbe essere interpretata coerentemente con la disciplina dettata dal Codice dei contratti pubblici, in modo, cioè, da non minare la capacità dell'amministrazione competente per materia di esercitare un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata, che caratterizza il controllo analogo.
A fronte di tale incertezza interpretativa, l'ANAC ha chiesto al Governo di adottare un apposito atto regolamentare di carattere ricognitivo che faccia luce sulle società ''in house'' pubbliche, in cui vengano individuate le attività che gli enti strumentali svolgono a favore delle amministrazioni che le controllano congiuntamente al MEF.